Chi ha paura di ACEA?


Comunicato Stampa Retuvasa

Chi ha paura di ACEA?
Perché da oltre 2 anni non si dà attuazione alla legge regionale sulla gestione dei sistema idrico?

 

I Sindaci dei Comuni di Colleferro, Valmontone, Labico, Artena, Carpineto Romano, Gorga, Gavignano, Segni e Montelanico prendendo atto delle criticità presenti nell’attuale servizio erogato da Acea hanno richiesto un incontro urgente.”

La richiesta del sindaco di Colleferro e di altri sette comuni del circondario di incontrare l’AD di ACEA ATO2 in merito alla qualità del servizio erogato è una iniziativa positiva e necessaria.

Ci preme tuttavia rammentare ai sindaci che è pendente da molti mesi una questione che potrebbe modificare radicalmente i rapporti tra cittadini, amministrazioni e territori con il gestore del Servizio Idrico Integrato, a favore dei primi. Stiamo parlando della legge regionale n.5/2014, Tutela, governo e gestione pubblica delle acque, approvata il 4 aprile 2014. Questa legge, nata dall’iniziativa popolare, fortemente voluta da comitati e associazioni per l’acqua pubblica, all’art. 5 comma1 recita:

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione individua con apposita legge gli ambiti di bacino idrografico e, al fine di costituire formalmente le Autorità di detti ambiti, disciplina le forme e i modi della cooperazione fra gli enti locali e le modalità per l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.

A distanza di due anni e mezzo a questo e a ad altri obblighi derivanti dalla legge non si è messo mano, col risultato di fare della legge lettera morta. Riveliamo ai disattenti amministratori ed ai cittadini che la definizione dei nuovi Ambiti di Bacino Idrografico (ABI) -in sostituzione degli attuali ATO (ambiti di bacino ottimale)- produce il decadimento delle attuali gestioni aprendo la strada anche a forme di gestione più dirette da parte degli enti locali. Facciamo nostro il sospetto che proprio questa conseguenza abbia consigliato alla amministrazione regionale di non porre mano ai regolamenti ed alle leggi attuative. Il problema è tutto politico, non vi sono inerzie burocratiche, di cui tanto si discute in queste settimane, a creare impedimenti.

Il coordinamento regionale per l’acqua pubblica, di cui Retuvasa fa parte, ha organizzato molteplici interventi e spedizioni presso la Regione per esigere l’approvazione dei decreti attuativi della legge, ottenendo solo promesse e rinvii di settimana in settimana, di mese in mese. E' quindi ingiustificata e colpevole la disattenzione delle amministrazioni nel merito.

Il testo della legge peraltro apre a spazi di partecipazione e di codecisione da parte dei cittadini e delle amministrazioni, un modello rivendicato da questi stessi soggetti nella nostra valle da lungo tempo.

Per oltre due anni l’ineffabile assessore Refrigeri -eseguendo diligentemente il compito a lui affidato- ha continuato a promettere una proposta della giunta sui nuovi ABI, nel frattempo gli esperti del coordinamento regionale hanno realizzato una proposta di suddivisione del territorio in ABI, seguendo la configurazione dei bacini idrografici e degli acquedotti; questa proposta, fatta propria da alcuni consiglieri regionali, è diventata la proposta di legge 238/2105. Anch’essa è rimasta nel cassetto, nonostante ripetuti incontri non è mai andata in discussione in commissione ambiente, tanto meno in aula: proposta di giunta con cui confrontarsi, non pervenuta.

In tale proposta viene individuato tra i 12 bacini previsti, come bacino a sé stante, il bacino idrografico del fiume Sacco, che va a ridisegnare la ripartizione attuale fondata sui confini amministrativi delle provincie, affermando un principio che in tutti questi anni con sempre più forza e consapevolezza associazioni, comitati ed amministratori cercano di realizzare.

Esplicitiamo la domanda, perché tutta questa inerzia sino ad ora da parte della Regione? Perché questo incomprensibile temporeggiare per la costituzione degli ABI?

Forse perché si ventila da tempo la volontà del governo centrale di costituire un unico grande ABI regionale da dare in gestione all’azienda che in quel momento avrà il maggior numero di utenti a livello regionale? Si parla anche di un progetto di spartizione macroregionale da dare in pasto alle più grandi e pompate multi utility, tra cui Acea S.p.A.

Coerente con questo progetto è il fatto che proprio ACEA abbia acquisito il controllo della società Idrolatina che a sua volta controlla Acqua Latina, gestore del sistema idrico in provincia di Latina, in attesa di acquisire il controllo sulla provincia di Viterbo.

Inoltre, a proposito di servizi, ACEA ha creato un sistema di gestione del servizio idrico -in particolare della manutenzione- che va imponendo a tutte le sue partecipate, in Toscana, Umbria e Campania, con ciò anticipando e preparando il terreno al piano di acquisizione del controllo totale sul sistema idrico in tutte le regioni del centro Italia. Il nuovo sistema garantisce il monopolio di tutte le informazioni sui sistemi idrici, sottraendole a qualsiasi possibilità di controllo da parte delle amministrazioni, rendendo remota ogni possibilità di dialogo diretto tra cittadini e gestore: una ristrutturazione tecnologica ed organizzativa i cui effetti ben conosciamo in altri tipi di servizio.

L’amministrazione della Citta di Roma, azionista di maggioranza di ACEA -nonostante le affermazioni in campagna elettorale- non muove un dito, non alza un sopracciglio e per bocca del suo assessore alle partecipate afferma di non poter intervenire sulla dirigenza di ACEA, affermazione alquanto originale nel campo del diritto societario che regola le SPA.

Molto c’è da dire per illustrare il progetto di ACEA di diventare una piccola multinazionale dell’acqua -e non solo- principale oligopolista sul piano nazionale, e delle sue conseguenze sui cittadini ed i territori. Molto c’è da approfondire sulla legge regionale n. 5/2104 e da fare per la sua applicazione, soprattutto da parte delle amministrazioni comunali.

Nel frattempo, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il governo è stato costretto a ritirare il decreto sui servizi pubblici locali, che aveva l’obiettivo di imporne la privatizzazione. In regione con il DPRL n. T00205 del 12/10/2016 viene affidato l'incarico in materia giuridico-amministrativa al Prof. A. Lucarelli per "l'elaborazione di una proposta di legge che regoli la materia degli ambiti di bacino idrografico e del sistema idrico integrato".

Sarà la volta buona o perderemo altro tempo?

Siamo a disposizione per fornire tutti i chiarimenti alle amministrazioni, che peraltro hanno tutti gli strumenti per informarsi ed agire di conseguenza.

 
Valle del Sacco, 6 dicembre 2016
 


Comunicato Stampa Retuvasa

Chi ha paura di ACEA?
Perché da oltre 2 anni non si dà attuazione alla legge regionale sulla gestione dei sistema idrico?

 

I Sindaci dei Comuni di Colleferro, Valmontone, Labico, Artena, Carpineto Romano, Gorga, Gavignano, Segni e Montelanico prendendo atto delle criticità presenti nell’attuale servizio erogato da Acea hanno richiesto un incontro urgente.”

La richiesta del sindaco di Colleferro e di altri sette comuni del circondario di incontrare l’AD di ACEA ATO2 in merito alla qualità del servizio erogato è una iniziativa positiva e necessaria.

Ci preme tuttavia rammentare ai sindaci che è pendente da molti mesi una questione che potrebbe modificare radicalmente i rapporti tra cittadini, amministrazioni e territori con il gestore del Servizio Idrico Integrato, a favore dei primi. Stiamo parlando della legge regionale n.5/2014, Tutela, governo e gestione pubblica delle acque, approvata il 4 aprile 2014. Questa legge, nata dall’iniziativa popolare, fortemente voluta da comitati e associazioni per l’acqua pubblica, all’art. 5 comma1 recita:

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione individua con apposita legge gli ambiti di bacino idrografico e, al fine di costituire formalmente le Autorità di detti ambiti, disciplina le forme e i modi della cooperazione fra gli enti locali e le modalità per l’organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato, costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua, di fognatura e di depurazione delle acque reflue.

A distanza di due anni e mezzo a questo e a ad altri obblighi derivanti dalla legge non si è messo mano, col risultato di fare della legge lettera morta. Riveliamo ai disattenti amministratori ed ai cittadini che la definizione dei nuovi Ambiti di Bacino Idrografico (ABI) -in sostituzione degli attuali ATO (ambiti di bacino ottimale)- produce il decadimento delle attuali gestioni aprendo la strada anche a forme di gestione più dirette da parte degli enti locali. Facciamo nostro il sospetto che proprio questa conseguenza abbia consigliato alla amministrazione regionale di non porre mano ai regolamenti ed alle leggi attuative. Il problema è tutto politico, non vi sono inerzie burocratiche, di cui tanto si discute in queste settimane, a creare impedimenti.

Il coordinamento regionale per l’acqua pubblica, di cui Retuvasa fa parte, ha organizzato molteplici interventi e spedizioni presso la Regione per esigere l’approvazione dei decreti attuativi della legge, ottenendo solo promesse e rinvii di settimana in settimana, di mese in mese. E' quindi ingiustificata e colpevole la disattenzione delle amministrazioni nel merito.

Il testo della legge peraltro apre a spazi di partecipazione e di codecisione da parte dei cittadini e delle amministrazioni, un modello rivendicato da questi stessi soggetti nella nostra valle da lungo tempo.

Per oltre due anni l’ineffabile assessore Refrigeri -eseguendo diligentemente il compito a lui affidato- ha continuato a promettere una proposta della giunta sui nuovi ABI, nel frattempo gli esperti del coordinamento regionale hanno realizzato una proposta di suddivisione del territorio in ABI, seguendo la configurazione dei bacini idrografici e degli acquedotti; questa proposta, fatta propria da alcuni consiglieri regionali, è diventata la proposta di legge 238/2105. Anch’essa è rimasta nel cassetto, nonostante ripetuti incontri non è mai andata in discussione in commissione ambiente, tanto meno in aula: proposta di giunta con cui confrontarsi, non pervenuta.

In tale proposta viene individuato tra i 12 bacini previsti, come bacino a sé stante, il bacino idrografico del fiume Sacco, che va a ridisegnare la ripartizione attuale fondata sui confini amministrativi delle provincie, affermando un principio che in tutti questi anni con sempre più forza e consapevolezza associazioni, comitati ed amministratori cercano di realizzare.

Esplicitiamo la domanda, perché tutta questa inerzia sino ad ora da parte della Regione? Perché questo incomprensibile temporeggiare per la costituzione degli ABI?

Forse perché si ventila da tempo la volontà del governo centrale di costituire un unico grande ABI regionale da dare in gestione all’azienda che in quel momento avrà il maggior numero di utenti a livello regionale? Si parla anche di un progetto di spartizione macroregionale da dare in pasto alle più grandi e pompate multi utility, tra cui Acea S.p.A.

Coerente con questo progetto è il fatto che proprio ACEA abbia acquisito il controllo della società Idrolatina che a sua volta controlla Acqua Latina, gestore del sistema idrico in provincia di Latina, in attesa di acquisire il controllo sulla provincia di Viterbo.

Inoltre, a proposito di servizi, ACEA ha creato un sistema di gestione del servizio idrico -in particolare della manutenzione- che va imponendo a tutte le sue partecipate, in Toscana, Umbria e Campania, con ciò anticipando e preparando il terreno al piano di acquisizione del controllo totale sul sistema idrico in tutte le regioni del centro Italia. Il nuovo sistema garantisce il monopolio di tutte le informazioni sui sistemi idrici, sottraendole a qualsiasi possibilità di controllo da parte delle amministrazioni, rendendo remota ogni possibilità di dialogo diretto tra cittadini e gestore: una ristrutturazione tecnologica ed organizzativa i cui effetti ben conosciamo in altri tipi di servizio.

L’amministrazione della Citta di Roma, azionista di maggioranza di ACEA -nonostante le affermazioni in campagna elettorale- non muove un dito, non alza un sopracciglio e per bocca del suo assessore alle partecipate afferma di non poter intervenire sulla dirigenza di ACEA, affermazione alquanto originale nel campo del diritto societario che regola le SPA.

Molto c’è da dire per illustrare il progetto di ACEA di diventare una piccola multinazionale dell’acqua -e non solo- principale oligopolista sul piano nazionale, e delle sue conseguenze sui cittadini ed i territori. Molto c’è da approfondire sulla legge regionale n. 5/2104 e da fare per la sua applicazione, soprattutto da parte delle amministrazioni comunali.

Nel frattempo, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, il governo è stato costretto a ritirare il decreto sui servizi pubblici locali, che aveva l’obiettivo di imporne la privatizzazione. In regione con il DPRL n. T00205 del 12/10/2016 viene affidato l'incarico in materia giuridico-amministrativa al Prof. A. Lucarelli per "l'elaborazione di una proposta di legge che regoli la materia degli ambiti di bacino idrografico e del sistema idrico integrato".

Sarà la volta buona o perderemo altro tempo?

Siamo a disposizione per fornire tutti i chiarimenti alle amministrazioni, che peraltro hanno tutti gli strumenti per informarsi ed agire di conseguenza.

 
Valle del Sacco, 6 dicembre 2016