In questa sezione trovate tutto il materiale utile da scaricare per sostenere l'azione referendaria in favore del SI!
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Tra le varie iniziative pro referendum segnaliamo la possibilità di bere e mangiare alla salute della democrazia e del sì in varie zone di Roma.
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Chi vuole far soldi con l'acqua
di Maurizio Maggi e Stefano Vergine – L'Espresso
Una torta da 64 miliardi. Da spartire tra il gruppo Caltagirone, la famiglia Benetton, gli eredi Gavio, i Pesenti e l'immancabile Ligresti. Senza gare d'appalto. Ecco perché il referendum del 12 giugno fa tanta paura
Fino a qualche settimana fa un massiccio afflusso di investimenti privati pareva ineluttabile, grazie alla prospettiva di vendere l'acqua a prezzi remunerativi, cioè crescenti. Ora però, sia i gestori che gli operatori guardano preoccupati al referendum del 12 e 13 giugno. "Se vince il sì all'abrogazione dei due articoli sull'affidamento ai privati e sulla remunerazione del capitale, ci vorranno anni per riattivare il flusso di denari per modernizzare la rete", dice Roberto Bazzano, presidente dell'Iren, società nata dalla fusione di ex aziende municipalizzate (tra cui quelle di Genova, Torino e Reggio Emilia), e numero uno di Federutility, la federazione delle utilities che aderisce a Confindustria.
Secondo Bazzano, anche i finanziamenti già decisi dagli Ato (gli ambiti territoriali ottimali) arrivano a rilento, nella misura del 50 per cento dei 2 miliardi di euro di cui ci sarebbe bisogno ogni anno per tappare le falle di una rete-colabrodo che perde un terzo dell'acqua prima che arrivi al cliente: "Chi ha voglia di investire soldi freschi, oggi, sapendo che tra qualche mese il capitale potrebbe non essere più remunerato per legge?", si chiede retoricamente il capo di Federutility. Un'analisi che, ovviamente, non è affatto condivisa dai referendari, che la pensano esattamente all'opposto: l'acqua è meglio pubblica.
La battaglia si fa effervescente dal punto di vista politico. Al governo piacerebbe far saltare anche questo referendum, dopo quello sul nucleare, per far mancare il quorum al quesito sul legittimo impedimento, temuto da Silvio Berlusconi. Si aggiunge lo scontro ideologico che verte sul quesito: "E' giusto fare i soldi con l'acqua?". Il fronte del no, mosso da sinistra, conquista adepti anche nelle fila degli amministratori locali espressi dal centro destra.
Dietro l'aspetto politico e ideologico si nasconde in realtà una questione legata agli affari possibili. I players, italiani ma anche stranieri, sono più che agguerriti. A partire dal gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone, azionista privato sempre più "pesante" dell'Acea, e dai francesi di Gdf-Suez (che sono soci della stessa Acea ma giocano anche in proprio) o degli altri francesi di Veolia. In teoria, la torta potenziale è talmente grossa che non ci sarà bisogno di sventolare l'italianità contro i colonizzatori d'Oltralpe. I due colossi Gdf-Suez e Veolia sono già ben radicati sull'italico suolo, e anche se la stessa Acea, la Iren con l'appoggio strategico del Fondo per le Infrastrutture (F21) guidato da Vito Gamberale o la bolognese Hera aspirassero davvero a divenire dei "campioni nazionali", ci sarebbe spazio per tutti.
"Entrare nel business dell'acqua è proficuo soprattutto per chi realizza infrastrutture. Prendiamo come esempio l'Acea: se la società decidesse di realizzare un grosso lavoro di ristrutturazione della rete idrica, probabilmente lo farà fare a Vianini Lavori, impresa controllata dallo stesso Caltagirone", sottolinea Marco Bersani, uno dei fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua. Ma non ci sono le gare d'appalto? "Nessun problema. Anche se dal primo gennaio 2010, l'Unione europea ha abbassato la soglia minima per le gare pubbliche da 5,1 milioni di euro a 4,8, chi vuole affidare i lavori senza essere costretto a indire una gara può sempre spezzettare le opere in più parti", afferma ancora Bersani. Tra le aziende interessate ai molti business legati all'acqua sul fronte delle opere spiccano nomi celebri di società quotate in Borsa: come Impregilo (azionisti Benetton, Gavio e Ligresti) e Trevi Group, che nel realizzare pozzi per l'estrazione d'acqua può affiancare alle macchine perforatrici le pompe e le vasche per il trattamento del fango. Amministratore delegato del Trevi Group è Cesare Trevisani, vicepresidente di Confindustria. Senza dimenticare grandi cementieri come i Pesenti, patron di Italcementi, certo attenti agli sviluppi dei futuri progetti su acquedotti, depuratori e fognature.
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