EVENTO: Convegno LINDANET e SIN Valle del Sacco.
Convegno rivolto alla cittadinanza Sito di interesse nazionale Valle del Sacco: ripartire in un contesto europeo Colleferro 10 ottobre 2020 Sala Aldino Ripari (ex Konver) Via degli Esplosivi
COMUNICATO STAMPA
COMUNICATO STAMPA

L’incontro, promosso dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana e patrocinato dalla Regione Lazio, nasce nell’ambito di “Lindanet”, il progetto europeo finalizzato allo scambio di esperienze e pratiche tra le aree di diversi paesi europei contaminate da Lindano e del nuovo piano di intervento della Regione Lazio nelle aree interessate, in fase di avvio.
Conoscere e confrontare realtà così distanti ma accomunate da uno stesso problema, permette di individuare misure più adeguate in termini di spesa e di risultato. Lo stesso spirito di condivisione e di confronto anima il dialogo che da anni esiste tra i cittadini, le associazioni e gli amministratori dell’area della Valle del Sacco, un territorio segnato dall’inquinamento. I cittadini sono stati coinvolti nella conoscenza delle cause della contaminazione e dei suoi effetti sulla salute e sull’ambiente.
In sintesi, la comunicazione trasparente, dichiara in una nota Retuvasa, l'associazione che ha collaborato alla realizzazione dell'incontro del 10 ottobre - ha generato coinvolgimento e la partecipazione attiva in tutte le sedi dimostra una vera e propria forma di azione consapevole.
Le associazioni ambientaliste negli anni hanno contribuito a costruire questa consapevolezza, acquisendo conoscenze e informazioni, condividendole con la popolazione, collaborando con esperti ed enti di ricerca, proponendosi con le istituzioni e vincendo la riluttanza di alcune di esse a renderle pubbliche.
L'incontro di sabato 10 ottobre aprirà una nuova via di collaborazione finalizzata al miglioramento delle condizioni dei siti contaminati da Lindano.


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Ufficio stampa e relazioni esterne
Alessandra Tardiola 3355738398(IZS Lazio e Toscana)
Alberto Valleriani 3356545313(Retuvasa)
Bonifica SIN Bacino del fiume Sacco, aggiornamento agosto 2020.
Comunicato Stampa Retuvasa
Bonifica SIN “Bacino del fiume Sacco”, aggiornamento agosto 2020

L’AdP, il cui valore complessivo ammonta ad 53.626.188,68 euro, individua interventi di immediata attuazione e le relative fonti di finanziamento, fissando la data del 31 dicembre 2023 per il loro completamento, fatto salvo un ulteriore periodo di 24 mesi legato a singole specificità afferenti alla fase di bonifica.
L’AdP fissa inoltre ulteriori termini per le varie fasi degli interventi che, allo stato attuale, registrano un leggero ritardo anche all’emergenza Covid -19, che ha determinato come noto un rallentamento di tutte le attività nel nostro paese. In particolare si registra un lieve ritardo nell’affidamento ed esecuzione dei piani di monitoraggi delle acque, dell’indagine epidemiologica e della caratterizzazione delle aree ripariali.
In ogni caso, si rileva dagli atti oggetto di pubblicazione che, dalla stipula dell’Accordo, la Regione si è attivata sin da subito affinché siano gli enti tecnici di riferimento per ogni tipologia di intervento. Ciò ovviamente ha comportato dei tempi maggiori per il confronto ed il coordinamento, ma ha permesso di avviare forme di collaborazione interistituzionale attraverso la stipula di convenzioni; esse consentiranno l’esecuzione direttamente da parte della regione Lazio -in collaborazione con gli enti tecnici di riferimento a livello regionale e nazionale- di alcuni interventi individuati nell’AdP ovvero di specifiche attività all’interno degli stessi.
Procediamo in ordine cronologico.
La sorveglianza epidemiologica.
Il Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale (DEP) ha elaborato un “Programma di valutazione epidemiologica” della popolazione residente nel Sito di Interesse Nazionale (SIN) Valle del Sacco.
Detto programma, avente durata biennale, prevede la realizzazione di un sistema di valutazione epidemiologica della popolazione basato su un programma di lunga durata in grado di fornire alle amministrazioni ed alla popolazione informazioni sullo stato di salute, sui fattori di rischio e sui possibili cambiamenti attraverso un potenziamento degli interventi di prevenzione e promozione della salute in un’ area a forte pressione ambientale.
La Convenzione interesserà 1.200 residenti della valle del Sacco, un campione ancora più rappresentativo delle precedenti indagini per un importo totale di 960.000 euro.
Le attività vanno dai prelievi del sangue (ASL RM5), alla Sorveglianza epidemiologica e sanitaria della popolazione residente/Coorte longitudinale/Monitoraggio MMG e PLS/ Studio epidemiologico sugli effetti sulla salute degli inquinanti attraverso consumo di acque e alimenti (DEP, ASL RM5), alla collaborazione con il CNR di Pisa per la valutazione dell’incidenza cardiovascolare (DEP, CNR Pisa), alle analisi effettuate presso il laboratorio Kuopio ad Helsinki (DEP, Health Institute Kuopio), al Coordinamento del Progetto (DEP).
Un programma che necessita sicuramente di una complessa attività di coordinamento e che il DEP Lazio ha già assolto nel passato con estrema professionalità, tenendo conto che i tempi di realizzazione dovranno fare i conti con le norme anti-Covid.
Detto programma, rispetto a quello già approvato nel 2017 e mai avviato per assenza di fondi, è stato aggiornato e rielaborato anche alla luce delle diverse esigenze del territorio e della popolazione coinvolta nell’indagine, in particolare è stata eliminata, all’esito di specifica valutazione tecnico-sanitaria, la previsione di realizzazione di un PRESSA (Presidio Sanitario Ambientale).
Detto programma sarà attuato dal Dipartimento di Epidemiologia all’esito del perfezionamento di apposita convenzione ex art. 15 L.n. 241/1990.
Con determinazione n.417408 del 12.12.2019 è stato approvato lo schema di convenzione per la realizzazione in collaborazione con il Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio - ASL ROMA 1 del “Programma di valutazione epidemiologica”, relativamente ai requisiti tecnici, della popolazione residente nel Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Valle del Sacco – D.M. n. 321/2016.
Con successiva determinazione n. G06907 del 13 giugno 2020 è stata rettificata la Determinazione n. G17408 del 12 dicembre 2019 ed è stato approvato un nuovo schema di convenzione, ex art. 15 L. n. 241/1990 s.m.i per la realizzazione, in collaborazione con il Dipartimento di Epidemiologia, del “Programma di valutazione epidemiologica”, relativamente ai requisiti tecnici, della popolazione residente nel Sito di Interesse Nazionale (S.I.N.) Bacino del Fiume Sacco – D.M. n. 321/2016. La rettifica della precedente determinazione n. G17408/19 si è resa necessaria a causa di sopravvenute esigenze tecniche ed economiche del Dipartimento che hanno comportato la necessità di modificare il documento tecnico, il quadro economico e lo schema di convenzione approvato in precedenza.
La Caratterizzazione delle aree agricole ripariali.
Mentre per la sorveglianza epidemiologica si può procedere con un background legislativo ben definito da tempo, per la caratterizzazione delle aree agricole ripariali si deve fare riferimento al nuovo regolamento sugli interventi di bonifica, di ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento (DM n. 46 del 1 marzo 2019).
L’intervento è finanziato con fondi FSC (Fondo Sviluppo e Coesione) per 4 milioni di euro.
Per l’attuazione dell’intervento sono stati coinvolti coinvolti l’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Sperimentale Zooprofilattico per il Lazio e la Toscana (IZSLT).
Con DGR n. 140 del 31 marzo 2020 è stato approvato il documento relativo alla “Caratterizzazione delle aree agricole ripariali”, comprensivo dell’allegato tecnico elaborato da ISS e IZSLT. Il suddetto documento oltre a una descrizione dell’intervento e dell’area interessata dallo stesso contiene una dettagliata individuazione delle motivazioni dell’intervento e dei soggetti che saranno coinvolti nell’attuazione. L’intervento di caratterizzazione riguarderà tutte le aree agricole ripariali oggetto di interdizione con i provvedimenti commissariali ricadenti nei territori dei comuni di Colleferro, Segni e Gavignano, Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo, Supino, Frosinone, Patrica, Ceccano, Castro dei Volsci, Pofi, Ceprano e Falvaterra.
Contestualmente alla caratterizzazione dei suoli agricoli si procederà al biomonitoraggio animale e dei vegetali, in considerazione del fatto che durante la fase emergenziale si erano acquisite evidenze di contaminazione da fitofarmaci nel latte e nei foraggi oltreché nel suolo.
L’area soggetta a caratterizzazione interessa circa 54 Km di asta fluviale a partire dal limite nord dell’Area c.d. interdetta in corrispondenza della sorgente inquinante (area industriale di Colleferro). La fusione delle aree c.d. interdette con una fascia di buffer estesa a 100 m in riva destra e in riva sinistra del Fiume Sacco e le aree esondabili con pericolosità P3 ha generato un poligono esteso circa 1730 ha.
L’intervento sarà realizzato sui siti ricadenti in tali aree.
L’articolazione di dettaglio relativa alle fasi operative, la localizzazione dei punti di campionamento, la calendarizzazione dei campionamenti, le procedure tecniche di esecuzione del campionamento dei suoli e delle matrici vegetali ed animali, nonché la tracciabilità e trasmissione dei campioni e di gestione dei flussi informativi saranno contenuti nel piano di caratterizzazione che sarà elaborato dall’ISS.
Il tempo previsto per l’attuazione dell’intervento è stimato in circa 20 mesi.
C’è da precisare che anche in questo caso c’è il background derivante dalle attività dell’ex Ufficio Commissariale che negli anni dal 2005 al 2012 ha effettuato analisi su acque e terreni in fasi diverse, tuttavia l’introduzione del nuovo Regolamento e relativi parametri induce a procedere con necessità ed urgenza ad una caratterizzazione definitiva con una valutazione del rischio sui principali bersagli (vegetali-animali-uomo) e avviare, eventualmente, ulteriori misure interdittive ovvero a rivedere le misure cautelari già in atto anche attraverso una revoca o ulteriore limitazione delle stesse.
Contestualmente alla caratterizzazione dei suoli agricoli, si procederà al biomonitoraggio animale e vegetale, in considerazione dei dati pregressi che hanno già evidenziato durante la fase emergenziale evidenze di contaminazione da fitofarmaci nel latte e nei foraggi oltreché nel suolo.
La caratterizzazione sarà svolta, tenendo conto dei dati pregressi, in due lotti territoriali.
Il primo lotto riguarderà il settore Nord (Anagni, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Morolo, Paliano, Segni, Sgurgola, Supino) delle Aree agricole ripariali soggette ad interdizione.
Il secondo lotto riguarderà il settore Sud (Castro dei Volsci, Ceccano, Ceprano, Falvaterra, Frosinone, Patrica, Pofi) delle aree agricole ripariali soggette ad interdizione Sud, in quanto in detta risulta minore e più frammentario lo stato delle conoscenze pregresse.
Nell’ambito di ciascun lotto territoriale (NORD e SUD), individuato nell’ambito dell’Area soggetta a caratterizzazione, saranno individuate ulteriori sub-aree omogenee, che saranno progressivamente sottoposte a caratterizzazione.
Alla conclusione dei campionamenti completi dei terreni e dei vegetali di una sub-area sarà dato inizio ai campionamenti della sub-area adiacente e così via sino a completamento, dapprima del segmento NORD e successivamente del segmento SUD.
Per la realizzazione dell’intervento la Regione Lazio collaborerà con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Lazio e la Toscana nella progettazione del piano di caratterizzazione, nella redazione del piano di campionamento, nella validazione e valutazione dei dati nonché nel biomonitoraggio animale e vegetale attraverso la definizione di un accordo tra pubbliche amministrazioni, che allo stato attuale risulta in via di definizione.
Solo l’attività di campionamento ed analisi dei suoli agricoli verrà affidata ad un operatore esterno.
Senza scendere in ulteriori particolari c’è da sottolineare che il lavoro da svolgere è enorme. Il nostro SIN è uno dei più complessi in Italia, ma questo tipo di attività ci restituirà sicuramente una fotografia aggiornata e omogenea che avrà la funzione di eliminare aree che risulteranno non contaminate o applicare misure interdittive più stringenti.
Riteniamo che per questa fase occorra una stretta collaborazione degli Enti locali in particolare per facilitare l’accesso alle aree in esame.
Il monitoraggio acque per uso irriguo, potabile e domestico.
“L’esigenza di monitorare le acque ad uso potabile ed irriguo nasce dalla necessità di approfondire i dati analitici, raccolti nel corso della fase emergenziale, in modo da descrivere e valutare la qualità della matrice indagata, definire e valutare il grado di contaminazione della falda all’interno del perimetro del Sito di Interesse Nazionale, monitorare l’evoluzione dell’inquinamento delle acque, per verificare l’efficacia degli interventi di contenimento e/o di bonifica, acquisire dati utili al fine di un loro possibile utilizzo per l’avvio di un successivo studio sulla determinazione dei Valori di Fondo per le acque sotterranee.”
Così è scritto nell’introduzione della Deliberazione di Giunta regionale n.225 del 30.04.2020 con la quale è stato approvato il documento relativo al monitoraggio delle acque per uso potabile, irriguo e domestico.
L’intervento sarà realizzato dalla Regione Lazio in collaborazione con l’ Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Regione Lazio, le Aziende Sanitarie locali, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), attraverso la stipula di convenzione che prevederà per i suddetti enti solo un rimborso delle spese effettivamente sostenute e rendicontate.
Per l’attuazione dell’intervento è stato previsto un finanziamento di circa 1,7mln di euro.
L’intervento di monitoraggio delle acque per uso potabile, irriguo e domestico riguarderà l’intero territorio ricadente nel SIN del fiume Sacco. L’attuazione dell’intervento è prevista in fasi definite sulla base delle risultanze analitiche pregresse riguardanti sia la matrice acqua che altre matrici.
In una prima fase il campionamento sarà prevalentemente concentrato nell’area nord del SIN. Invero, saranno oggetto di azione: i pozzi realizzati dall’Ufficio Commissariale nelle aree agricole interdette e i pozzi a servizio della città di Colleferro, localizzati sia all’interno del comprensorio industrial ex SNIA – BPD sia a margine dello stesso, già campionati da ISS nel 2012.
Successivamente, come si legge nella DGR, “si procederà al campionamento dei pozzi censiti da ISPRA e inseriti nell’archivio nazionale sulle indagini nel sottosuolo ai sensi della legge n. 464/1984 e i pozzi del Catasto delle Province. Complessivamente i punti oggetto di indagine, da una prima previsione, saranno circa 200 punti. Inoltre, è prevista la realizzazione di nuovi pozzi di monitoraggio per coprire le zone non indagabili altrimenti.”
Anche in questo caso trattasi di un intervento mirante a determinare lo stato della qualità delle acque in particolare quelle ad uso umano o per agricoltura. L’intervento di monitoraggio delle acque ad uso potabile irriguo e domestico consentirà infatti di giungere ad una conoscenza definitiva dei livelli di inquinanti presenti nelle acque sotterranee, fornendo così la possibilità di attuare ogni possibile azione di mitigazione del rischio ambientale e sanitario a tutela della collettività.
Conclusioni
Pensiamo di aver fornito un quadro della complessità delle azioni necessarie a caratterizzare e bonificare le aree del SIN. Agli interventi previsti nell’accordo di programma si aggiungono le istruttorie per le caratterizzazioni che nascono da richieste di soggetti privati, incardinate presso il Ministero dell’Ambiente, la cui durata necessariamente è di alcuni mesi e che procedono parallelamente alle attività descritte.
Il SIN del Fiume Sacco, nel panorama dei SIN a livello nazionale si può considerare un caso ‘fortunato’ visto l’Accordo di Programma ed i fondi stanziati, nonché l’azione di bonifica avviata nel sito Arpa 2 di Colleferro dopo un fermo amministrativo di ben 7 anni. Ciò non ostante, se confrontiamo le risorse tecniche e finanziare messe a disposizione, con la complessità delle azioni da svolgere su un’area estesa per ben 7.300ha, caratterizzata da una varietà straordinaria di fenomeni di contaminazione, se ne deduce che esse dovranno essere incrementate, soprattutto se si vogliono abbreviare in modo significativo i tempi di bonifica. A livello nazionale risultano sino ad ora inadeguate le risorse che lo stato centrale impiega per progettare e pianificare la bonifica dei SIN e più in generale dei territori contaminati, con l’obiettivo di prevenire efficacemente una ulteriore contaminazione delle matrici ambientali.
A proposito di risorse che si renderanno disponibili nei prossimi mesi dobbiamo fare riferimento ai capitali messi a disposizione dal Recovery Fund e dal bilancio europeo: lo European Green Deal ha trovato il suo spazio all’interno del Next Generation EU (denominazione del Recovery Fund), il nuovo strumento presentato alla Commissione europea che propone di destinare almeno 100 miliardi su 750 verso la transizione ecologica. Anche il 25% del nuovo bilancio dell’Unione europea 2021-2027 dovrà essere speso nei programmi europei per mobilitare gli investimenti sostenibili: circa 275 miliardi di euro in sette anni. Totale 375 miliardi di euro.
Deve essere chiaro che non esiste alcuna possibilità di progettare un nuovo modello di sviluppo per il nostro paese, di avviare effettivamente un percorso di riconversione ecologica verso un modello di economia circolare, senza una azione profonda, capillare e diffusa bonifica dei territori inquinati e di trasformazione dei processi produttivi, di modifica degli assetti urbani e territoriali, responsabili dei fenomeni di inquinamento che affliggono il nostro paese.
Tutta la documentazione disponibile al momento sulle azioni di caratterizzazione e bonifica del Sin del fiume Sacco si può trovare al link http://www.regione.lazio.it/rl_bonificadeisitiinquinati/
Valle del Sacco, 17.09.2020
Processo Valle del Sacco: la Giustizia ci delude, ma non ferma la nostra lotta.
Comunicato Stampa Retuvasa
Processo Valle del sacco: la giustizia ci delude, ma non ferma la nostra lotta.

Come Retuvasa, alla prima esperienza nelle pratiche di giustizia in materia ambientale, salutavamo l’avvio del procedimento penale nel 2009 con la speranza che "finalmente può essere che qualcuno venga condannato". Ben presto però abbiamo dovuto assistere alle rituali manfrine procedurali, tra difetti di notifiche, tentativi di estromissione delle parti civili, lungaggini per la fissazione delle udienze, passando per un cambio di giudice e rimando decisionale sui termini di prescrizione alla Corte Costituzionale.
D’altra parte ricordiamo bene anche il caso del processo inceneritori di Colleferro -26 indagati e 9 aziende- caduto in prescrizione in modo vergognoso per essere incappato negli errori madornali dei tribunali che hanno seguito il procedimento: se non fossimo determinati a lottare con tutti i mezzi a disposizione verrebbe meno la volontà di denunciare i misfatti ambientali.
Ora dopo l'emergenza Covid-19 che di fatto ha bloccato la semplice lettura della sentenza, si torna in aula nella speranza che questa volta si arrivi a una conclusione, tenendo sempre presente che, in caso di condanna, l'unica consolazione è che i risarcimenti in sede civile avranno un loro corso indipendente a differenza di quello penale che quasi certamente non arriverà in appello. Ad Enti, Associazioni, Cittadini contaminati resterà la speranza -col beneficio del dubbio sulle possibilità economiche degli eventuali condannati- di poter essere in qualche modo risarciti del danno subito.
Certamente scamperà alla sanzione penale o condanna in carcere che dir si voglia, chi ha procurato danni irreversibili all'ambiente, alla salute e all'economia di un territorio vasto per il cui recupero occorrerà mettere in campo ingenti risorse pubbliche.
Questa esito deludente sul piano penale non fermerà la nostra volontà, la volontà dei tanti cittadini della Valle del Sacco di conoscere fino in fondo le responsabilità del disastro ambientale che ha colpito il nostro territorio, di controllare con tutti i mezzi disponibili le conseguenze sulla nostra salute, di lottare per una trasformazione radicale del modello di sviluppo. Abbiamo conquistato e condiviso uno straordinario patrimonio di conoscenze, una grande capacità di lotta e di organizzazione con cui siamo determinati a costruire un futuro sotto il segno della giustizia sociale ed ambientale.
Valle del Sacco, 18 giugno 2020
Piano Rifiuti Regione Lazio, il Compound di Colleferro è una chimera.
Comunicato Stampa Retuvasa
Piano Rifiuti Regione Lazio, il Compound di Colleferro è una chimera.

Da Colleferro le realtà associative hanno messo in luce alcuni aspetti in particolare sugli inceneritori e il progetto di Compound industriale presentato da Lazio Ambiente SpA.
Le risposte alla VAS sugli inceneritori di Colleferro hanno confermato che il loro ciclo è definitivamente chiuso e che nell’area ove risiedevano non sarà ammessa alcuna costruzione di nuovo impianto rifiuti. Sul Compound industriale da 500.000 tonn/anno si sono ottenute riduzioni significative a 250.000 tonn/anno e come esplicitamente riportato la locazione dovrebbe essere a ridosso della discarica, dichiarando come papabile il terreno ove doveva sorgere il TMB del 2010.
In una delle nostre osservazioni abbiamo evidenziato il fatto che che quel terreno è insufficiente per qualsiasi tipologia di impianto se non di dimensioni molto al di sotto di quelle indicate nel progetto di Lazio Ambiente SpA.
Il 19 maggio scorso abbiamo partecipato ad una audizione telematica ed espresso nuovamente le nostre perplessità sulla reale possibilità di poter costruire un Compound Industriale a Colleferro.
Le nostre osservazioni in sede di audizione hanno evidenziato anche altri aspetti riguardanti la valle del Sacco e zone adiacenti.
La discarica di Roccasecca ha ottenuto una recente autorizzazione per un V° invaso da 450.000mc quando il fabbisogno del frusinate in uno scenario a 6 anni è di 180.000mc, come lo stesso Piano Rifiuti riporta negli elaborati. Questa è da ritenersi una incongruenza di rilievo in quanto non è ammissibile vessare le province con una impiantistica il cui unico scopo è supplire alle mancanze progettuali e strutturali di Roma Capitale che non è in grado, oggi e nell’immediato futuro come Ambito Territoriale Ottimale (ATO), di essere autosufficiente.
L’altra questione sollevata riguarda il territorio di Patrica perseguitato da progetti di nuovi impianti di trattamento rifiuti di dimensioni mostruose, dagli inerti (300.000 tonn/anno) ai liquidi (355.000 tonn/anno).
In buona sostanza a cosa serve un piano rifiuti se permette di essere scavalcato poi dagli uffici che si occupano delle autorizzazioni amministrative?
Altri fattori negativi sono la modalità e la tempistica di coinvolgimento delle comunità che si trovano a dover contrastare quotidianamente il proliferare di impianti come quelli che abbiamo appena descritto.
Ma torniamo al Compound di Colleferro che da come viene presentato nel Piano Rifiuti sembra essere un punto cardine […il nuovo compound industriale diventa strategico nel passaggio dal vecchio sistema impiantistico ad un nuovo sistema che massimizzerà il recupero di rifiuti nell’ottica dell’economia circolare], ma viene liquidato in poche righe con una descrizione di flusso minimale e assolutamente insufficiente. Un impianto descritto come innovativo nel suo genere, risolutore per il flusso finale dei rifiuti indifferenziati, ma che nello stesso Piano Rifiuti non viene descritto nelle sue parti. Gli unici dati su cui ci si concentra è che deve essere realizzato a Colleferro e che da 500.000 tonn/anno si riduce a 250.000 tonn/anno. L’audizione del Presidente di Lazio Ambiente SpA, Daniele Fortini, necessaria dopo le numerose osservazioni sollevate, ha delineato altri scenari, ma non ha dato la risposta definitiva alle nostre puntualizzazioni, che si traducono in:
a Colleferro non c’è alcun luogo disponibile per impianti di tali dimensioni.
Abbiamo ribadito questo concetto più volte nei nostri incontri pubblici e sarebbe stato interessante riferire direttamente all’Assessore regionale Massimiliano Valeriani se avesse accettato i nostri ripetuti inviti.
Lo Studio Preliminare di Fattibilità (luglio 2019) del Compound di Lazio Ambiente SpA, richiamato nel Piano Rifiuti, riporta testualmente: “è pertanto stimabile, preliminarmente, una superficie complessiva dell’impianto pari a circa 20 ettari.”. Teniamoci su questa ipotesi prevista per un impianto da 500.000 tonn/anno, un impianto da 250.000 non dimezzerebbe l’area occupata. Colleferro avrebbe a disposizione urbanisticamente solo il terreno che era previsto per il TMB del 2010. Non è di poco conto che lo stesso è di proprietà del Comune di Colleferro che a nostro parere non ha alcuna intenzione di “devolverlo” a Lazio Ambiente, ma anche se si volesse “forzare” la mano il terreno ha una estensione di circa 1,9 ettari, un decimo del necessario, forse utile per farci un piazzale di sosta per i mezzi che dovrebbero giungere ad un impianto del genere.
Se per assurdo qualcuno pensasse nuovamente di far transitare decine di camion in un quartiere densamente abitato come quello dello Scalo di Colleferro per farli giungere nell’area degli inceneritori -area inserita nel Sito di Interesse Nazionale e da bonificare per la presenza di cromo esavalente- dovrebbe tener presente che si avrebbero a disposizione circa 4ha (area inceneritori) e circa 1ha (area centrale elettrica annessa), tenendo conto che ciò colliderebbe con quanto riportato nelle risposte alle nostre osservazioni sul possibile utilizzo di quella area.
Ci viene il legittimo dubbio che si stia tirando in lungo questa manfrina per coprire il fallimento di Lazio Ambiente SpA, lo spreco di milioni di euro nel tentativo fallito di ristrutturare gli inceneritori di Colle Sughero, in attesa di trovare una conclusione a questa vicenda. L’ipotesi -espressa dall’amministratore delegato di Lazio ambiente in una intervista- di sdoppiare l’impianto da 500.000 tonnellate in due da 250.000, apre alla possibilità di realizzarne uno in una località diversa da Colleferro. In ogni caso le audizioni rispetto ai molti interrogativi sollevati da questo progetto -che avrebbe comunque un ruolo chiave dell’intero ciclo dei rifiuti del Lazio- non hanno dato risposte.
Per abbondare chiudiamo fornendo alcuni numeri che completano il quadro, ricavati dallo Studio Preliminare di Fattibilità di Lazio Ambiente SpA.
Il Bilancio di Massa di tale impianto indurrebbe a pensare che sia un produttore di rifiuti piuttosto che una risoluzione del problema. Su 500.000 tonn/anno in entrata ce ne sarebbero quasi 300.000 tonn/anno in uscita (scenario 1) tra Frazione Organica Stabilizzata (FOS), Combustibile Solido Secondario (CSS) e altro da destinarsi a discarica o termovalorizzazione. Poco più di 250.000 tonn/anno in uscita nello scenario 2.
Costo dell’operazione circa 80mln di euro, in pratica 1mln di euro a dipendente.
Detto ciò ci attendiamo che i nostri dubbi vengano fugati e se ciò non dovesse avvenire in un modo esauriente di fronte all’opinione pubblica, la conclusione non può che essere una: il Compound Industriale dei Rifiuti previsto per Colleferro deve essere cancellato dal Piano Rifiuti della regione Lazio.
Colleferro, 10.06.2020
Depuratore Consortile Anagni, ASI se ci sei batti un colpo.
Comunicato Stampa
Depuratore Consortile Anagni, ASI se ci sei batti un colpo.

Nel frattempo, i cittadini attivi si muovono anche sotto le festività aderendo all’iniziativa del 22 dicembre delle “Magliette Bianche” e, anche con condizioni meteoclimatiche sfavorevoli, partecipano ad un tour nei luoghi più toccati dal disastro ambientale della valle del Sacco.
Ogni luogo visitato nel tour ha una sua caratteristica in un SIN molto eterogeneo, ma il depuratore consortile di Anagni è una di quelle situazioni paradossali, oggetto anche di numerosi servizi tv e articoli di giornale derivanti dalle continue segnalazioni, ultimo un servizio del TG3, che lascia l’amaro in bocca e dovrebbe far mobilitare gli enti locali e quelli preposti alle attività giudiziarie: come al solito però devono essere i semplici cittadini, associati e non, a far riemergere i “dece-annosi” problemi.
Raccontarne la storia è necessario per ricostruire la vicenda, per tentare di ottenere risposte e avere notizie su quando l’opera incompiuta vedrà la luce.
Rileggendo le carte affermiamo che l’opera ha inizio ben 30 anni fa.
“Negli anni ’90 la Regione Lazio ha realizzato il depuratore in zona ASI, in Comune di Anagni, concludendo i lavori in data 12 novembre 1992; l’impianto, di proprietà della Regione, non è però entrato in funzione a causa del sovradimensionamento della parte relativa ai reflui civili e industriali effettivamente prodotti e collettabili, nonché per la mancanza dell’ultimo tratto dei collettori fognari e di alcune necessarie apparecchiature”.
Con DGR n. 354/03 sono stati effettuati lavori per la ristrutturazione e l’adeguamento dell’impianto che prevedeva due fasi: una prima realizzazione, affidata nel 2005 ad ACEA ATO5 per un importo di € 3.606.131,46, con una capacità pari a 74.000 abitanti equivalenti, di cui 48.293 per scarichi industriali e 25.707 per scarichi civili; successivamente, l’impianto avrebbe dovuto acquisire una ulteriore capacità di 50.000 abitanti equivalenti.
In questo periodo viene istituito il SIN Bacino del fiume Sacco e iniziano le attività di bonifica da parte del Commissario delegato per l’Emergenza, tra cui quelle per l’avvio del Depuratore Consortile di Anagni.
Con delibera del 3 agosto 2007 la Giunta della Regione Lazio ha approvato l’inclusione dei lavori di completamento dell’impianto tra gli interventi infrastrutturali di prioritario finanziamento, costo € 4.000.000, e con disposizione commissariale del 13 marzo 2012, acquisito il parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, si è affidata la gestione provvisoria dell’impianto al Consorzio per lo Sviluppo Industriale Frosinone (Consorzio ASI).
Preventivamente, il Consorzio ASI, il 19 maggio 2011, ha trasmesso alla Regione Lazio e all’Ufficio commissariale una relazione tecnica con cui ha segnalato la necessità di effettuare sull’impianto alcune attività complementari e propedeutiche all’avvio della gestione, evidenziando che in assenza di dette ulteriori attività non avrebbe potuto prendere in consegna l’impianto.
A questo punto l’Ufficio commissariale ha affidato i lavori e le attività complementari di adeguamento dell’impianto con lavori conclusi e collaudati, con esito positivo, in data 3 luglio 2014.
Nel frattempo con la delibera del C.d.A. dell’11 aprile 2012 il Consorzio ASI ha accettato la gestione provvisoria dell’impianto condizionandolo ad una convenzione con la Regione Lazio, sottoscritta in data 28 marzo 2013, per disciplinare i profili estranei alla competenza del Commissario.
I “profili estranei” si traducono nel 2014 con la presentazione da parte del Consorzio ASI alla Direzione Regionale Risorse Idriche e Difesa del Suolo ed all’Ufficio Valle del Sacco, di un piano lavori e servizi propedeutici all’avviamento dell’impianto, nonché una stima dei costi.
Il 26 ottobre 2016, il Responsabile degli Interventi, ha disposto l’impegno della somma di € 130.968,00 al netto di IVA a favore del Consorzio ASI, quale contributo alle attività funzionali all’avvio della gestione del depuratore.
Il 7 marzo 2017 viene approvato dalla Regione Lazio lo Schema di Protocollo d'intesa con il Consorzio per lo Sviluppo industriale Frosinone per la presa in carico ed avviamento dell'impianto di depurazione di Anagni.
In seguito, la vicenda viene riportata anche dalla Commissione Bicamerale sul traffico illecito dei rifiuti con la relazione approvata il 17 ottobre 2017: “il suddetto impianto di depurazione, a seguito degli interventi effettuati, risulta idoneo al trattamento sia dei reflui industriali che dei reflui civili, rappresentando una infrastruttura essenziale per le collettività che insistono sul territorio ma non è ancora entrato in funzione”.
Alla Commissione con tutta probabilità non viene segnalato che ci sarebbe da verificare, oggi come accaduto già in passato, se non ci siano stati furti all’interno dell’area e se gli impianti, dopo anni di incuria, siano ancora realmente funzionanti.
Come non ricordare la conferenza stampa del 9 aprile 2017 in cui l’allora Assessore all’Ambiente della regione Lazio, Mauro Buschini, e il Presidente del Consorzio ASI di Frosinone, Francesco De Angelis, annunciavano che tutto era pronto per l’avvio del depuratore.
Dopo 30 anni, miliardi di lire e milioni di euro pubblici spesi per un’opera ritenuta da tutti di fondamentale importanza per preservare dagli scarichi indiscriminati uno dei corsi d’acqua più vilipesi della storia industriale del nostro paese, ci saremmo aspettati finalmente un’assunzione di responsabilità da parte del Consorzio ASI per trovare una soluzione definitiva alla messa in funzione del Depuratore Consortile di Anagni.
Ma noi siamo pazienti e, come è nostro costume, restiamo fiduciosi in attesa di buone nuove che ci permettano di partecipare all’inaugurazione di una delle opere più attese del nostro territorio.
Anagni, 23.01.2020
Firmato:
Retuvasa
Coordinamento di Frosinone Salviamo il Paesaggio
Diritto alla Salute
Città Futura
Cittattiva
Anagni Viva
GASP Frosinone
Legambiente Anagni
Comitato Rinascita